Dialetto di Girifalco

Dizionario del Dialetto Girifalcese
"A parrata 'e Cirifhàrcu"

di Vincenzo Giampà alias Falco

A parrata 'e Cirifhàrcu

Lettere A-N

Lettere O-X

III Edizione riveduta e
corretta al 26/12/2010

La lingua è l’espressione fondamentale della cultura di un popolo.

Quando questa scompare (come nel caso degli Etruschi e degli Egizi latinizzati dai Romani) scompare anche il popolo, con le sue autonome tradizioni e peculiarità, assorbito dal popolo dominante.

Questo lavoro non ha la pretesa di essere un lavoro scientifico che richiederebbe ben altre ricerche e conoscenze e non ha la pretesa d’essere esente da errori considerando il continuo rimescolarsi, specie nell’’ultimo secolo, della “parrata” di Girifalco con quella d’altri Comuni vicini e con la lingua italiana che altro non è che un dialetto tosco-laziale che ha prevalso sugli altri dialetti presenti nella penisola italiana.

Fino all’unificazione dell’Italia, infatti, fuori della Toscana e di Roma l’italiano come lo conosciamo ora era una lingua che conoscevano solo pochi letterati e una minoranza esigua della popolazione. Come lingua “straniera” nelle regioni del Nord era molto più conosciuto il Francese che l’italiano e le lingue “Ufficiali” dei vari stati Italiani erano le rispettive lingue locali. In questa situazione se per i funzionari dei vari stati era spesso necessario un interprete ancora più difficile era riuscire a capirsi fra un meridionale e un settentrionale anche dopo il regalo fatto da Garibaldi ai Savoia e l’occupazione militare del Regno di Napoli da parte del Regno di Sardegna che aveva tradizioni, cultura e lingua diversa con tutte le conseguenze che da ciò derivarono ivi compreso il fenomeno del Brigantaggio.

La lingua italiana che ancora un secolo fa era considerata una lingua straniera o, comunque, una lingua “amministrativa” legata al potere dominante ha soppiantato progressivamente, specie nei giovani, la lingua “madre” parlata ora da alcuni saltuariamente e, a volte, quasi con fastidio come se parlare in dialetto sia indice di scarsa cultura o di poca educazione.

Girifalco come molti altri Comuni interni della Calabria per secoli è rimasto sostanzialmente isolato e con contatti molto limitati (qualche festa e le Fiere) con le popolazioni anche dei comuni circostanti per le rilevanti difficoltà di comunicazione allora a dorso di mulo o a piedi e per l’economia sostanzialmente autosufficiente che produceva tutto ciò che consumava. Per questo sostanziale isolamento fino agli inizi del 1900 il dialetto girifalcese ha subito nel corso dei secoli poche e lente modificazioni e per questo vi sono molti vocaboli che hanno origine dalle dominazioni che hanno interessato l’intera Calabria (Greca, Romana, Bizantina, Araba, Normanna, Angioina, Sveva, Spagnola). Anche per questo isolamento vi sono sostanziali differenze fra il dialetto di Girifalco anche con quello dei comuni limitrofi.

Come ogni altra lingua “viva” anche il dialetto girifalcese si è modificato con il trascorrere del tempo e questa mutazione è stata accelerata nell’ultimo secolo con il progressivo miglioramento delle vie di comunicazione, con il miglioramento dell’istruzione scolastica prima limitata a pochi ricchi, con l’emigrazione, e con l’avvento della televisione e degli altri mezzi di comunicazione di massa. Anche l’economia di Girifalco basata prima sull’agricoltura, sull’allevamento, sull’artigianato e su piccole industrie (tessitura, concia delle pelli, bachicoltura) da sostanzialmente autarchica e che esportava prodotti nei comuni vicini si è trasformata in un’economia di consumo con il progressivo abbandono delle terre, di molte attività artigianali e la chiusura di tutte le piccole industrie di un tempo. La fortissima emigrazione che ha interessato in vari modi il secolo scorso e l’ex Ospedale Psichiatrico che ha assunto molti validi artigiani e agricoltori anche dei paesi vicini completa questo quadro desolante che vede ora le nostre campagne incolte o coltivate solo per l’economia familiare, l’allevamento pressoché inesistente e l’artigianato in fortissima crisi. Quello che si consuma in Girifalco viene pressoché tutto da fuori e la disoccupazione è sempre a livelli altissimi.
Questo scenario spiega in parte il perché è molto difficile, a volte, distinguere se vocaboli ancora in uso a Girifalco siano originari o siano importati, ad esempio, da persone provenienti da paesi vicini residenti nel Comune per matrimonio o per motivi di lavoro.

Chi scrive per la maggior parte della sua vita ha vissuto fuori dal Comune per motivi di studio o di lavoro. Rientrato dall’Università molti anni fa ho cominciato, spinto dalla curiosità, a raccogliere molti vocaboli di quel dialetto che parlavo da bambino domandandone il significato a persone anziane e preferibilmente analfabete che non erano influenzate da cultura scolastica o da esperienze diverse da quelle acquisibili in questo paese. Rifuggendo da testi scritti che sono, inevitabilmente, influenzati dal livello culturale e dalle esperienze di vita dei loro autori questa paziente ricerca ha originato una raccolta dei termini dialettali sia d’uso corrente sia più antichi (non più in uso o sconosciuti ai più) sparsi come appunti in decine di quaderni che ho avuto solo recentemente la possibilità di riordinare con l’uso del Computer.

Convinto che le diversità costituiscono una ricchezza per i popoli anche per impedire la progressiva omologazione e la perdita delle “radici” culturali girifalcesi considero questa raccolta di oltre 7.000 vocaboli (di molti né è stata indicata la possibile origine) una buona base di partenza per un “dizionario” della “parrata Ciriχarcota” non esente, presumibilmente, da inesattezze e imperfezioni,

Non avendo la pretesa che questo Dizionario sia integrale, perfetto o scientificamente valido è necessaria e gradita la collaborazione costruttiva di chi voglia correggerlo o integrarlo con vocaboli nuovi non presenti o che hanno un significato diverso da quello che ho scritto.

Lo scopo è preservare le radici culturali e linguistiche di Girifalco e conservare alla memoria, specie delle nuove generazioni, vocaboli che pure erano fondamentali nella vita quotidiana dei nostri padri e dei nostri nonni che avevano un’economia basata essenzialmente sull’Ospedale Psichiatrico e, prima ancora, sull’agricoltura, sull’allevamento del bestiame, su piccole industrie e su piccole attività artigianali con scarsi rapporti anche con i Comuni vicini.

Ringrazio pertanto la redazione del sito per la disponibilità manifestata dal Sito a pubblicare quest’opera fatta senza alcuno scopo di lucro per conservare quanto più possibile le nostre radici e trasmetterle alle nuove generazioni.

Girifalco 4/01/2009

A PARRATA E CIRI χ ARCU – ISTRUZIONI PER LA LETTURA

Il dialetto Girifalcese presenta alcune peculiarità, opportunamente segnalate nel testo con sottolineatura, che rendono difficile la lettura e la pronuncia di alcuni vocaboli specie a chi non è girifalcese. Queste pronunzie particolari sono cosi segnalate:

DD = esempi Gaddu = gallo; Majidda = madia; presente all’interno dei Vocaboli.
Per pronunciare correttamente questo termine DD occorre appoggiare la lingua sul palato a bocca semi aperta e rilasciando poi velocemente la lingua pronunciare le due D del vocabolo.

Trajnu = Carro; trastula= gioco ecc...
la pronuncia è molto simile allla lingua Inglese ( es. trust) e non come si pronunciano i vocaboli italiani trave, tramezzo, troppo, intrusione ecc;

χ = la pronuncia di questa lettera, inesistente nella lingua italiana, è identica all’analoga lettera χ
della lingua greca antica e moderna. Alcuni per scrivere questa lettera italianizzandola usano scrivere al suo posto FH ma questo artificio non rende chiara la pronuncia

ZZ = Queste due Z sia all’inizio che all’interno di un vocabolo occorre pronunciarle in modo rafforzato e duro. (esempio: zzìmbaru)

J = ha un suono molto simile all’italiano GHIU, GHIA, GHE ma non è sostituibile nella scrittura (ad esempio Gulijusu = voglioso non si pronuncia Guliusu ma gulighiusu.)

Bisogna prestare molta attenzione anche agli accenti perché alcune parole potrebbero avere significato diverso.

ALCUNE CURIOSITA’

• Tutti i verbi del dialetto girifalcese finiscono con una “a” finale.
• Dalla lingua greca antica e bizantina derivano i termini mu, mi, ma ( in greco νά)che si usa mettere all’interno delle frasi: esempio vau mu la chiamu= vado a chiamarla;
• Si usa nel dialetto girifalcese la declinazione greco bizantina dell’aoristo semplice ( mangiai = Ho mangiato) o del perfetto semplice ( duva mangiastuvu= dove avete mangiato) invece dell’infinito;
• Località, cognomi e mestieri sono spesso di origine greca quando finiscono con …à, …oni,…iti,….itano,….anò,….oti;
• La desinenza …..UNA spesso indica un’influenza francese nella parola ( esempio Juppuna);
• Nel dialetto girifalcese è usata la forma IE ( Vientu, piettu, dubbriettu) e la forma UA ( uacchiu, cuarvu, suaru, luardu, puarcu) all’interno delle parole.